Cari amici,
l’autunno è da poco iniziato e ci ha accolto con un drastico calo delle temperature e con giornate piuttosto umide e un po’ uggiose. Per combattere sia l’uggia che l’umidità avrei scelto, per questo trimestre autunnale, tre vini che vi aiuteranno in questo difficile compito riscaldandovi il corpo e sicuramente anche lo spirito.
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Il primo vino che vi vorrei proporre è il Villa Calcinaia Sanforte IGT 2018 e per introdurre questo vino e questo vitigno mi sono avvalso di un estratto dalla fantastica pubblicazione Native Wine Grapes of Italy di Ian d’Agata:
Il Sangiovese Forte, o Sanforte, menzionato per la prima volta dal Villifranchi nel 1773, ha un grappolo di media grandezza, piramidale e compatto con acini mediamente rotondi. Il suo grappolo e gli acini non pesano in media molto di più di quelli di un clone di Sangiovese standard, ma il Sanforte è più fertile e tende a produrre più grappoli per pianta in condizioni simili. Soprattutto matura in maniera molto più precoce del Sangiovese. Roberto Bandinelli dell’Università di Firenze mi ha detto che il nome della varietà deriva dalla sua capacità di accumulare zucchero nei chicchi; infatti si trovava spesso nella zona di Lamole del Chianti Classico proprio per questa sua caratteristica. Lamole infatti è una delle zone più alte e fresche di tutto il Chianti Classico, e quindi il Sanforte era ed è un compagno ideale per irrobustire i vini di Sangiovese. La pregiata tenuta di Villa Calcinaia, tra gli altri, ha piantato un piccolo appezzamento di Sanforte e attualmente sta valutando se aumentarne o meno la produzione. Ho provato numerose annate del vino Sanforte prodotto a Villa Calcinaia, e trovo che sia un vino più massiccio del Sangiovese prodotto nella stessa tenuta. Il vino è interessante perché conserva una buona dose di eleganza, nonostante le dimensioni. C’è molto da apprezzare, dagli aromi di violetta e sottobosco ai sapori quasi sapidi di ciliegia marasca e di catrame.
Riallacciandomi a quanto scritto da Ian vorrei evidenziare proprio questa capacità di accumulo degli zuccheri del Sanforte che insieme al basso contenuto tannico tipico del vitigno lo rendono a mio parere un ottimo abbinamento per la cucina asiatica specie quella un po’ piccante .
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Il secondo vino di cui vi vorrei parlare è uno dei nostri cru di Sangiovese: il Villa Calcinaia Vigna Bastignano Chianti Classico Gran Selezione DOCG 2016. Il Vigna Bastignano è un po’ un’eccezione nel panorama dei vini di Villa Calcinaia perché proviene da una vigna non troppo vecchia, piantata infatti nel 2004, ma che fin da subito ha mostrato una personalità ed un carattere tale da meritare un posto tra i cru aziendali insieme alla Vigna Contessa Luisa e alla Vigna La Fornace. La vigna di Bastignano, uno dei poderi originali acquistati da Niccola di Andrea Capponi nel 1524, si trova in un anfiteatro naturale a circa 280 metri sul livello del mare e le viti sono piantate in filari curvi che seguono l’andamento del versante e su dei suoli rocciosi dove il protagonista è l’Alberese, una pietra calcarea tipica dell’areale di Montefioralle nel comune di Greve in Chianti.
Le viti a Bastignano sono coltivate secondo la forma di allevamento denominata “Alberello di Lamole” e producono, grazie proprio a questo sistema di allevamento, il giusto quantitativo d’uva assomigliando in estate a tanti piccoli cipressi. L’uva viene raccolta a mano e portata in cantina in piccole cassette. Lì viene parzialmente diraspata, la percentuale nel 2016 di grappolo intero è stata del 50%, messa a fermentare nei tonneaux aperti e pigiata delicatamente con le mani e con i piedi. Il Vigna Bastignano 2016 è stato invecchiato in parte in botte da 10hl e in parte in uovo di cemento da 6hl per circa 24 mesi.
È un vino che non si cede subito ma che va conosciuto ed aspettato perché dietro quel suo aspetto un po’ burbero si nasconde un mondo variopinto fatto di sottobosco, di spezie, di piccoli frutti rossi, di grafite che lo rendono ideale per degli abbinamenti con piatti a base di selvaggina.
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Il terzo vino per l’autunno, il Villa Calcinaia Casarsa IGT 2014, nasce da molto lontano e qui sotto vi racconto la sua storia.
Nel 1966 la terribile alluvione del fiume Arno devastò Firenze e la valle dove scorre l’omonimo fiume, incluso il vivaio in cui Villa Calcinaia aveva deciso di acquistare le viti per la nuova piantagione di quell’anno. Prima di allora la tenuta non aveva mai acquistato materiale vivaistico esterno e tutti i nuovi vigneti erano stati piantati utilizzando il portainnesto americano di seguito innestato con le talee provenienti dai vigneti esistenti. Quando l’alluvione colpì i vivai tutte le etichette che indicavano la varietà di ogni vite furono spazzate via dall’acqua. Nella primavera del 1967 mio padre e il fattore dell’azienda ordinarono a quegli stessi vivai le viti per la piantagione di sette ettari di nuovi vigneti. Credendo di crescere in queste nuove vigne viti di Sangiovese, Trebbiano, Malvasia e Canaiolo, la tenuta piantò inconsapevolmente qualcos’altro. Il fattore dell’epoca, Mauro Gestri, scoprì presto lo sbaglio e si accorse che la maggior parte delle varietà piantate non erano quelle programmate e che tra questi intrusi c’erano il Gewürztraminer, il Teroldego, il Grechetto, il Montepulciano e vari altri. Credette anche che la varietà piantata nel vigneto di nome Casarsa fosse in realtà Malvasia Nera. Per trent’anni nessuno ha mai messo in dubbio questa ipotesi, fintantoché nel 1996 iniziai una collaborazione con un ampelografo dell’Università di Firenze, Roberto Bandinelli, per analizzare tutte le vecchie viti con l’obiettivo di salvare e ripropagare il genoma aziendale. Quando venne con me al vigneto di Casarsa, dichiarò che le vigne non erano Malvasia Nera bensì Merlot. Rimasi scioccato dalla notizia perché, pur non avendo alcuna intenzione di piantare un vitigno internazionale nella tenuta, mi accorsi che uno di questi era arrivato in azienda prima di me. Seguendo il vecchio detto “se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro”, nel 1997 ho deciso di iniziare a produrre un vino da quel vigneto che è ancora oggi la mia unica concessione alla categoria dei Supertuscan.
Dopo tutti questi anni trascorsi a produrre questo vino, devo ammettere che, nonostante la sua origine straniera, il Merlot di Casarsa ha acquisito un forte accento locale e ha preso la strada del Chianti o, come diciamo da queste parti, esso decisamente “chianteggia”.
Questa è la storia della nascita dell’unico Supertoscano prodotto in azienda; in tutti questi anni devo dire che il migliore abbinamento per questo vino è stata l’anatra all’arancia, piatto di antica tradizione fiorentina la cui ricetta Caterina dei Medici introdusse in Francia insieme a tanti altri piatti della nostra cultura culinaria, specialmente quella che ci prepara la nostra cara amica Gigì per la festa dell’Assunta.
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